Martedì sono stata al convegno “SocialMoney: guadagnare con i social media“. Già il titolo è una contraddizione in termini. Fare soldi con i social network è come andare in discoteca per vendere enciclopedie. Non funziona. La gente è lì per divertirsi, non per comprare. Capisco che parlare di soldi e di guadagni funziona come una potente calamita per attirare pubblico altrimenti disinteressato, ma i casi di successo di società che sono riuscite a capitalizzare la loro presenza su un Social Network sono rari e soprattutto non ripetibili, come ad esempio lo stracitato caso Dell che tramite Twitter è riuscito ad incrementare notevolmente il proprio fatturato. Parliamoci chiaramente, avere una pagina su Facebook con migliaia di fan non significa aver fatto soldi con Facebook e questo è persino banale e di facile comprensione per tutti, significa semplicemente avere un pubblico di affezionati, legati al brand, ma non necessariamente questi fan convertono in soldoni.
Ma torniamo al convegno. 12 relatori in 4 ore. Nessuna pausa per una sigaretta, per un bisogno fisiologico, nemmeno un goccio d’acqua per il povero pubblico, segregato per l’intero pomeriggio. Le pause sono necessarie, non solo per i motivi sopracitati, ma anche per fare networking, insomma per socializzare dal vivo e non aspettare di tornare a casa per chiedere ai relatori l’amicizia su Facebook.
Ma non è finita. In Italia, si sa, è difficile rispettare i tempi schedulati per gli interventi, cosa che non succede nei paesi anglosassoni, e il chairman Michele Ficara Manganelli, si è trasformato da moderatore in domatore nella gabbia dei leoni, pronto a sferrare frustate a chiunque osasse porre una domanda oltre i termini prestabiliti, troncando troppo spesso discussioni che avrebbero potuto essere interessanti. Ma nonostante la ferrea gestione del domatore Ficara, nel corso della giornata è stato accumulato un ritardo di mezzora, motivo che ha fatto saltare gli ultimi quattro interventi particolarmente interessanti (Giulio Xhaet, Fabio Viola, Gino Micacchi e Stefano Vitta) con grande disappunto dei relatori (e mio), tanto più che alcuni degli interventi precedenti sono stati di scarso interesse, colpa non certo dei relatori, ma dell’organizzazione che avrebbe dovuto fare una maggiore selezione sulle presentazioni.
D’accordo, il convegno era gratuito, ma gli organizzatori hanno perso un’ottima occasione.
Magari le enciclopedie no, ma certi prodotti (e servizi) in discoteca sono molto ricercati.